“Ora del Salento”, n.7 del 24 febbario 2001 (pag.5)
La testimonianza di un padre passionista, amico di Mons. Ugo De Blasi, apparsa su una rivista diocesana
Ricordo di un maestro
La sua ultima lezione fu la sua morte dopo aver celebrato la messa. Questa sera la mia meditazione stenta a partire guidata dalla Parola di Dio che ho appena letto. E’ un’altra ” parola” che mi martella la mente. La “tua” parola, don Ugo, dal momento che la notizia della tua improvvisa dipartita mi ha raggiunto. Grazie, don Ugo, mi viene da ripetere, ed è come un umile fiore che deporrò domani sulla tua bara insieme alla mia povera preghiera.Grazie a te, ma grazie al Signore. Rendo grazie a Dio che ti ha fatto sua parola vivente e ti ha posto sulla mia strada sacerdotale. E la mia meditazione questa sera si dipana sul ricordi della nostra amicizia. Avevo sentito parlare di te dai chierici francescani di Fulgenzio. Poi ci fu l’esperienza della scuola di teologia a Lecce, per farmi scoprire in te il sacerdote esemplare, il maestro sicuro ed umile, l’amico buono, sempre discreto e gentile, l’uomo di Dio davanti al quale sorgeva imperioso l’invito a ricercare la via dell’autenticità e della conversione.
Le tue erano lezioni di vita sacerdotale, più che altro. Da allora sei rimasto per me un maestro di fede, di silenzio, di semplicità, di povertà, di amicizia libera e sincera, di dedizione sacerdotale, un consigliere prudente e saggio.
E si prolungarono le tue lezioni anche dopo quell’ anno scolastico, nei nostri occasionali incontri motivati dal servizio pastorale o da semplice cortesia.
Mi tornano alla mente più chiari alcuni momenti. In alcune circostanze abbiamo goduto insieme della gioia della fraternità nella nostra comunità religiosa, e mi confessasti una volta: “Per noi sacerdoti è tanto necessario esulare dalla abituale solitudine e trovarci tra confratelli nella comunione”.
In occasione della “peregrinatio” delle insigni reliquie di S. Gemma Galgani ci onorasti del la tua presenza nella nostra chiesa di Trepuzzi e presiedesti la concelebrazione di diversi sacerdoti. La tua calda parola ci fece conoscere meglio un altro aspetto della spiritualità della giovane Santa lucchese: la sua “passione” per i sacerdoti. E, parafrasando un’espressione già usata, mi pare per S. Martino di Tours, ci esortasti ad invocarla “Gemma sacerdotum!“.
Nella settimana mariana del 1979, che doveva preparare a Lecce il Congresso commemorativo dell’Anno Mariano 1954, mi volesti nella tua parrocchia di S. Giovanni Battista al Rosario per il ministero della parola. Notai di più in quei giorni il tuo spirito di preghiera e la tua sollecitudine pastorale.
Nell’ultimo giorno della settimana, che era il primo del congresso da te sapientemente architettato, l’angelo del Signore ti “visitò” chiamando al cielo una tua cara sorella.
Mi colpì la tua “contemplazione” di quella morte dinanzi all’altare al tuo posto di sempre, dove attendevi i fedeli per la liturgia domenicale. Dal tuo volto comprensibilmente segnato dal dolore traspariva la tua fede nel Signore “che dà la vita”.
L’ultimo nostro incontro (chi poteva immaginare?) risale al 30 settembre 1981. Ero a predicare la Missione a S.Cesario di Lecce e passai a salutarti, come altre volte. Con la cordialità di sempre mi ricevesti nel tuo ufficio e tra l’altro parlando del mio ministero mi esortasti caldamente a tenere in conto sempre l’indicazione pastorale di Giovanni Paolo II nella “Laborem exercens” circa la spiritulità del lavoro: per far presente a tanta nostra brava gente, dai volti bruciati dal sole e dalle mani callose, la stupenda vocazione a collaborare all’ opera della Redenzione con il duro lavoro quotidiano.
Fu la tua ultima lezione? No, l’ultima mi è venuta con la notizia della tua morte. Sei caduto dopo aver celebrato l’Eucaristia, mentre dinanzi all’altare della Madonna del Rosario sgranavi il tuo ringraziamento al Dio grande che per passare nel mondo si era fatto Pane ancora una volta nelle tue mani. Avresti continuato la tua “liturgia” al tuo posto nella Curia Vescovile, in parrocchia… il Signore ti ha voluto chiamare alla “Liturgia celeste”.
P. Salvatore Semeraro