Santificare il tempo

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Il tempo non tradisce,

non vogliamolo tradire noi:

amiamolo e veneriamolo.

 

 

 

Ancora una volta sull’orizzonte della vita, sopra il gran dolore umano, sull’affannarsi inquieto e febbrile delle genti verso una meta di felicità, di benessere, di pace, levasi la speranza lusinghiera con luci d’oro, e al suo fulgido raggio fuggono, come per incanto, le nubi infinite delle  immense angosce umane.

Alba dorata del tempo, miraggio incantatore, che porti?

Un arcano senso di poesia, di mestizia, di gioia ed insieme di sgomento, pervade l’animo del giovane baldo e vigoroso, come del vecchio cadente. Con ansia trepida ed affannosa tutti spingiamo lo sguardo nel futuro, a questa incognita della vita umana, mentre nitida e chiara si svolge la visione del passato, col ricordo delle poche gioie godute e dei molti dolori sofferti, con la soddisfazione del dovere compiuto e forse.., col segreto salutare rimorso di qualche ora che vorremmo poter cancellare dal libro della vita (…).

Quale mistero il tempo! Che cos è? Donde viene? Da quale lontananza senza confini o da quale oceano di immobilità devo veder sorgere la sua corsa?

Alcuni filosofi l’hanno visto come una immane ondulazione perpetua come un sorgere ed un perire, come un”ritorno eterno” senza termine assegnabile in avanti o indietro, come un susseguirsi di cicli; grande concezione che volentieri la ragione farebbe sua. Ma i cristiani vedono più ampiamente ancora, in quanto, pur rifiutando al tempo una simile estensione, l’accrescono alla sua sorgente.

Il tempo è un ruscello che scaturisce dal ghiaccio eterno. Quest’acqua viene dal limpido cristallo e lo riflette. La sua purezza è intorbidata, nel fondo, dalle scorie della materia, ma ancora risiede in essa una grande fecondità. Il tempo segna ogni vita ed ogni attività quaggiù gli è sottoposta. Nel suo fluire porta gli uomini che hanno vissuto, vivono o vivranno, e il Cristo -loro primogenito, capo di tutte le razze- e la Chiesa madre comune, che per diversi titoli appartiene a tutte le generazioni. La Croce che lo domina l’ ha fatto sacro. (…)

Il tempo ha in sé quanto vi è di più sublime in ciò che passa e presagisce ciò che è eterno.

Per ben godere del significato del tempo, bisogna occupare un’altura e meditare sull’eternità e avremmo allora la sensazione provata nel guardare all’orizzonte: una sfera infinita il cui centro è ovunque e la circonferenza in nessun posto e noi quindi siamo costantemente al centro e siamo noi a dare il colore al tempo, come dal centro s’illumina la periferia (…). Nulla ci sfugge se non ci sfugge l’istante che passa.

Molte vite sono ad eclissi, con periodi di chiara attività e periodi oscuri. Una vera vita è una unità cosciente, una fusione di un sol getto e non permette che l’eclissi dell’ultimo giorno. Lo sforzo da fare è quello di raccoglierci in ogni momento in un presente ricco di passato e di avvenire, ricco soprattutto di eternità aderente al momento che passa.

 

Il tempo è Provvidenza: per mezzo  del tempo Iddio lavora. Quando penso al mio passato vedo una ridda di avvenimenti che parvero susseguirsi senza ordine. Si dice “la vita” s’intende una moltitudine di azioni incrociantesi fra me e gli altri: benevolenze odi o indifferenze, virtù e colpe, viltà o generosità. Logica troppo superficiale e quasi sconnessa. Nel tempo e nello spazio tutto è orchestrato dal dito dell’Onnipotente, tutto per me è grazia. E il tempo me lo dona al presente come un addentellato per il domani, perché possa operare la mia salvezza, garantire la mia vita, preparare la mia eternità. È un errore parlare dell’eternità come se fosse oltre il tempo, l’eternità è tutto il tempo. La raggiungerò corrispondendo al dono del tempo che Dio mi fa.
Il tempo non tradisce, non vogliamolo tradire noi: amiamolo e veneriamolo; non siamo di quelli che lo profanano, usandolo male; di quelli che lo ammazzano non online pharmacy without prescription usandolo affatto; di quelli che lo dissipano impiegandolo in nonnulla; di quelli che lo sovraccaricano, facendosene “i carnefici” come di se stessi.

Valutiamo, dunque, i trecentosessantacinque giorni che ogni anno il Signore ci concede con occhio attento, senza centellinarli alla stregua del carpe diem oraziano, ma secondo l’ammonimento di Paolo: ”Badate , o fratelli, di diportarvi nel mondo in condotta degna della vostra vocazione, non da stolti, ma da uomini saggi, cercando di trar profitto del tempo, perché i giorni corrono tristi”.

Riflessioni proposte da don Ugo alla Gioventù femminile di Azione Cattolica, Lecce gennaio 1945