Fate questo in memoria di me
Nel Cenacolo, la sera del primo giovedì santo, Gesù ha compiuto il rito ineffabile dell’istituzione della SS.Eucaristia: in qua nocte tradebatur… cum dilexisset suos, qui erant in mundo, in finem dilexit eos. Nell’intimità con i fedelissimi, ancora soffusi del ricordo del prodigio e storditi dall’allontanamento di Giuda, il Maestro detta la meditazione intorno al significato ascetico-mistico di tanto mistero, lasciando negli Undici la chiara idea che nulla si è capito dell’Eucaristia, se non motiva sentimenti di figliolanza con Dio e di fraternità con gli uomini.
1) Questo pensiero risalta nel colloquio con gli Apostoli (Giov. XIII, 33-35 e XIV passim). Il comandamento dell’amore è dato come distintivo dei suoi seguaci, sì da essere argomento di grande stupore per i pagani, adusi ad altre manifestazioni. I primi cristiani non lo dimenticarono mai: si amavano quasi prima di conoscersi, scriverà Minucio Felice.
2) Questo pensiero s’irradia dal monologo di Gesù (Giov. XV e XVI). L’unione di Gesù e dei suoi fedeli, illustrata meravigliosamente con l’ allegoria della vite e dei tralci, viene espressa con impareggiabile efficacia e con dolce insistenza. La perfetta carità fraterna è presentata come il compendio di tutti gli altri precetti: è il comandamento Suo. Uniti con Lui e tra loro i discepoli del Nazareno non hanno da temere l’odio e le persecuzioni del mondo: Egli ha vinto in antecedenza l’inferno e il peccato.
3) Questo pensiero pervade la preghiera sacerdotale di Gesù
(Giov. XVII). Nella parte che ha per oggetto gli Apostoli (6-19), il Maestro, dopo aver precisato i titoli, per cui i prescelti hanno diritto al favore divino, invoca dal Padre che li custodisca: “affinché siano una sola cosa come noi”. Quindi il Suo sguardo s’allarga a tutti i credenti (20-24) e ancora una volta sgorga dal Suo Cuore amante la supplica che il Padre accordi ad essi il dono prezioso di una inscindibile unità qui, in terra, e poi la gloria e la felicità nel Cielo.
Mai animo umano espresse con più intensità una brama cocente: l’unione e l’amore sono l’inalterabile eredità del Cristianesimo; e il Suo divin Fondatore li presenta come logica risultante d’un dono munifico, promettendo il quale Gesù aveva assicurato: “chi mangia e beve il mio sangue sta in me ed Io in lui”.
Preghiamo: O Signore, che dicesti: vi do la mia pace, non guardare ai nostri peccati, ma alla fede della tua Chiesa e degnati di tenerla sempre custodita e raccolta, giusta il Tuo ardente desiderio (dalla Liturgia).
2. Il Sacramento dell’unità.
La prima nota con cui Gesù ha caratterizzato la sua Chiesa è l’unità: la Chiesa è il regno messianico, che non può essere in lotta con se stesso: è l’edificio fondato su Pietro, che dalla coesione delle parti trae il motivo della sua indistruttibilità; è il gregge unico sotto un solo pastore. Nell’obbedire allo stesso Capo, nell’accettare la stessa verità dommatica, nell’onorare Dio con le stesse forme essenziali, si manifesta tale unità. Ad essa giova non poco l’Eucaristia.
1) L’Eucaristia concorre all’unità di governo. E’ il pane del Corpo mistico, il prolungamento di Gesù nel tempo mediante l’unione vitale ed organica dei fedeli, in Lui ricapitolati; è il banchetto celeste, che affratella i popoli. “Il Sacramento dei nostri altari è fonte di unione che trascende tutte le contingenze della storia, tutte le caratteristiche e le particolarità che hanno diviso la nostra famiglia umana in tanti gruppi differenti. Esso riconsacra, eleva, santifica quell’unione che la nostra natura e il nostro destino universale proclamano” (Pio XII, 27-VI-1941).
2) L’Eucaristia concorre all’unità della fede. I due misteri principali della nostra Religione sono racchiusi in questo “mysterium fidei“. Se le parole consacratorie rendono presente il Corpo di Gesù sotto le apparenze del pane e il Sangue sotto quelle del vino, la legge della concomitanza vuole l’umanità tutta del Signore sotto ciascuna specie, e l’unione ipostatica richiama la divinità e, con il Figlio, il Padre e lo Spirito Santo. L’Incarnazione si ripete su ogni altare, tra le mani del Sacerdote, la passione e morte trovano un riflesso nella mactatio mystica operantesi nella S.Messa, mentre questa applica agli uomini di tutti i tempi i meriti della Redenzione.
B) L’Eucaristia concorre all’unità di culto. Il mistero della SS.Eucaristia, istituita dal Sommo Sacerdote Gesù Cristo e rinnovata in perpetuo per sua volontà dai suoi ministri, è come la somma e il centro della religione cristiana… il culmine della Sacra Liturgia (Pio XII, Mediator Dei). E i teologi insegnano con unanime dottrina che tutti i sacramenti pigliano la loro virtè dalla Eucaristia, che l’Eucaristia è il fine e la consumazione di tutti i sacramenti; è il centro verso cui convergono i raggi degli altri sacramenti.
Preghiamo: Concedi, o Signore, alla tua Chiesa l’unità e la pace, che sono i doni sacramentalmente significati dalle offerte presentate (dalla “Segreta” della Messa del SS.Sacramento).
3. Il vincolo della carità.
Asserire che Dio, il quale charitas est, ama le sue creature, vale quanto enunciare un principio d’immediata evidenza. Ma è del pari vero che nell’Eucaristia quest’amore s’è reso ancor più manifesto, determinando nel cristiano un nuovo obbligo di ricambio.
1) L’Eucaristia è il Sacramento espressivo dell’amor di Gesù. “Bonum est diffusivum sui“: amare è lo stesso che donare e donarsi. Rimanendo ospite dei nostri tabernacoli, Gesù ha dato prova dell’amore: a) più generoso, esaurendo quasi le sue possibilità di sapienza, di potenza, di ricchezze per significare all’uomo l’infinita sua carità; b) più forte, perchè pur di realizzare simile desiderio non ha badato alle umiliazioni ch’esso comportava; c) più duraturo: semper et ubique, pro vobis et pro multis, sopra ogni altare l’Eucaristia continua ad effondere luce e calore, con una riserva inesauribile di grazie, di conforti, di entusiasmi, di eroismi per le singole anime, con facoltà di tornare ad attingervi quante volte si vuole.
Omnia vincit amor, et nos cedamus amori.
2) L’Eucaristia è il sacramento effettivo della nostra carità per Dio e per i fratelli. Proprio perchè la nostra religione ci avvince al Padre che sta nei cieli con legami di figli peregrinanti sulla terra, l’Eucaristia è il foco centrale del Cristianesimo e da essa promana una calda unità di cuori, alla cui origine altre fedi non sanno risalire, perché troppo si sono discostate dalla sorgente. “La Chiesa di Gesù Cristo ha a disposizione solo questo pane per saziare le aspirazioni e i desideri delle anime nostre, per unirle intimamente a Lui, perché infine per esso diventino “un solo corpo” e si affratellino quanti siedono alla stessa mensa per prendere il farmaco della immortalità con la frazione di un unico pane” (Pio XII, Mediator Dei). Là, nel Cenacolo, dove si agitava l’ansia infinita di un Dio, che fa sua delizia starsene con i figlioli degli uomini, Gesù dovette sentire dolcissimo, nella coscienza del vicino tradimento, il tributo di adorazione e di amore dei secoli futuri, in cui creature fameliche si sarebbero assiepate intorno alla sacra mensa, come altra volta le turbe palestinesi, decise a tutto osare alimentate da un Dio fatto cibo. E non meno gioiosa per la Sua pupilla lungimirante si offrì la visione delle folle cosmopolite, fuse dal Suo sangue, accomunate nella lode e nella devozione all’Ostia Santa senza differenza di nazionalità, di costumi, di colore, di lingua: per l’Eucaristia, come già per la grazia, non viviamo più la nostra vita, ma la vita di Cristo e in tutte le membra del suo corpo mistico amiamo lo stesso Redentore. Quanto più Gesù Ostia entra in noi, tanto più noi entriamo in Lui e nei fratelli.
Preghiamo:
Infondici, o Signore, lo spirito della tua carità, sicché coloro che hai nutrito con lo stesso pane, siano concordi nel tuo amore (dalla Liturgia).