Tutti e durante tutta la vita abbiamo bisogno di cibo per conservare, accrescere, riparare le nostre forze.
Questa è un’esigenza per qualsiasi forma di vita: potrebbe dirsi è sempre questione di pane… Ben inteso però! La vita fisica ci porta ogni giorno a rimpiazzare l’energia consumata dall’attività, con la nutrizione. Pane materiale! La vita intellettuale ci obbliga a frequentare le scuole, ad istruirci, pena l’ignoranza. Pane spirituale!
Ma noi battezzati non siamo solo corpo ed anima; abbiamo ricevuto una super vita mediante la grazia ed anche questa vita superiore domanda l’alimento. Pane soprannaturale!
Gli effetti del pane quotidiano si riducono ad un beneficio di conservazione, di rinvigorimento, di crescita e di diletto per il nostro corpo; gli stessi effetti produce a favore della grazia il pane eucaristico, definito dal catechismo “nutrimento delle anime” […]. Contiene Gesù, che per noi ha meritato ogni grazia, e può ben credersi, quindi, quale efficacia di forza divina viene a trasfondersi in noi per immunizzarci contro le insidie tese continuamente dall’avversario di Dio.
A quel modo che il nutrimento materiale ridona quanto ad ogni istante il nostro organismo va perdendo, così il pane eucaristico riaccende quel che si perde del fuoco divino della carità con le continue colpe veniali, nostra inevitabile debolezza. Non basta recuperare le forze, bisogna raggiungere il pieno sviluppo: come per il corpo, così per lo spirito. Il pane quotidiano serve anche a questo; il pane eucaristico tende a farci raggiungere la perfezione, sino ad essere degni della vita eterna.
Avanzando negli anni la virtù diventa più diffi cile, quasi ci si stanca di servire Dio e praticare il vangelo. Le responsabilità sono molte e gravi, si sarebbe tentati di cedere all’andazzo, seguire la corrente. Ed invece la voce del dovere incalza: più coerenza, più dedizione, più sacrificio. Aumentano le necessità spirituali, ha da aumentare la vita di grazia: il cibo eucaristico dà questo vantaggio.
La provvidenza di Dio ha disposto che nel cibo si abbia un gusto, un diletto, perchè più facilmente si prenda anche quando non c’è voglia per la legge della conservazione dell’organismo, sicchè attratti da quel godimento non dimentichiamo sempre salva la virtè della temperanza d’aver cura del nostro fisico. La medesima azione svolge la grazia del Signore attraverso l’Eucaristia, destando nelle anime la gioia del possesso di Dio e l’ansia di sentirlo sempre più intimo. Questo spiega perchè ognuno di noi ha ritenuto “il giorno della prima comunione” come il più bello della vita; e tornando indietro a quella data si prova la nostalgia del buono e del santo. Ed anche se non si coglie in ogni incontro con Gesù Eucaristia, non si verifica pari entusiasmo, rimane egualmente vero che qualcosa di inesprimibile inonda il cuore nell’accostarsi alla Sacra Mensa, quasi a dare ragione alla frase biblica: “gustate e vedete quant’è soave il Signore”.
La poesia del pane sulla nostra tavola è la poesia dello Spirito davanti all’altare dell’Ostia consacrata. Lo spontaneo accostamento del pane quotidiano con il pane eucaristico determina un’ osservazione ed una esortazione.
Osservazione: si tratta di pane non di dolce! Dunque non è un premio da darsi a chi è stato buono, ma è un mezzo per diventare buoni. Non bisogna, cioè, aspettare di essere santi per avvicinarsi all’Eucaristia: è urgente cibarsi di essa per vivere in conformità del vangelo e del catechismo; se no, si aspetta invano di farsi santi, di essere degni figli di Dio, del Padre celeste, ad imitare la cui perfezione tutti siamo chiamati. Quanto meno si è santi, tanto più si ha diritto di ricevere il pane della vita, giacché Gesù stesso ha detto: non han bisogno del medico i sani, ma gli ammalati. E’ così chiaro!
Esortazione: ascolta l’avventura del profeta Elia. Essa ti consente di valutare tutto il vantaggio della comunione nella personale fatica: “Prendi e mangia: lungo è il cammino che ti resta!”. Tanto lungo, quanta è la distanza tra la terra e il cielo. Pasqua è vicina: approfittane! E poi torna ancora ad approfittarne, fino all’ultima comunione prima di passare all’altra vita. La strada non perderà i suoi rischi e le sue delusioni, ma diverso sarà il viaggio se accanto a noi e in noi si accompagna il misterioso viandante di cui parla Luca, Gesù Cristo, a rimproverare e rincuorare, incoraggiare e far esultare i cuori, finché all’estremo traguardo della nostra peregrinazione si svelerà nel Risorto, che ci chiama alla gloria, la più grande e imperitura grazia!
*Da Vivere la Grazia, secondo tempo della campagna nazionale dell’ Azione Cattolica, Lecce 1963 64.