Il pane delle vergini

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eucarestia.jpg<<Frumentum electorum vinum germinans Virgines>>
Sotto l’influsso dello spirito di Dio da cui era pervaso, il profeta Zaccaria si entusiasmava penetrando lo sguardo attraverso la caligine dei secoli dinanzi alla visione del futuro regno messianico, di cui è auspicio la rest. pacif. del regno di Israele dopo la cattività babilonese.
E per quanti han dolorato in terra straniera come per quelli che attendono il R.D., il figlio di Barachia ha una parola di sollievo che gli canta in cuore e gli sboccia sulle labbra con elevato lirismo: <<E Iddio li salverà in quel giorno invero, quanto sono prosperosi e quanto sono belli! Il frumento fa germogliare i giovani e il mosto fa germogliare le vergini>>.
Il passo, nella sua luce storica, è chiaro; è egualmente chiaro nella tradizionale accomodazione che di esso han fatto la Chiesa nella sua liturgia e i Padri nei loro scritti, applicando queste parole alla S.Eucaristia, ai suoi effetti riguardo alla custodia della verginità.
E stasera mentre Gesù leva le tende da quest’altare e ricomincia la sua peregrinazione per le chiese della città mendicando amore, mentre dai fulgori del trono, in cui si rinnova la gloria del Tabor, ridiscende nell’oscurità del Tabenarcolo, a continuarvi una mistica agonia la mente vorrebbe esaurire tutto il simbolismo di quell’espressione sotto la volta di questa cappella che di candore olezza e che conosce i segreti palpiti delle vergini cui essa è affidata, e ad esse mostrare nella SS.Eucaristia la interferenza con i loro voti, additare in Gesù Ostia un modello di povertà, un maestro di obbedienza, un custode della verginità.
A. Gesù Eucaristia modello di povertà. Mandando innanzi Pietro e Giovanni a preparare per l’ultima Pasqua, Gesù aveva loro detto: vi mostrerà <<coenaculum grande stratum>>. Lo volle il primo cenacolo Gesù degno del grande mistero che lui stesso vi avrebbe celebrato. Ma presto quella festa di luci ed effondersi di drappi sarà sostituita da poche lampade fumiganti e dallo squallore delle catacombe.
Ed anche quando la Chiesa godrà della sua libertà e gli stessi imperatori innalzeranno sontuose basiliche artistico, marmoreo, storico o umile grezzo disadorno sia il Tabernacolo, Lui ci sarà ugualmente vivo e vero.
Il su o mssionario lo renderà presente sotto il tetto sconnesso d’una capanna o il suo apostolo lo riporrà nella semplicità nuda di un tugurio, sarà sempre quel Gesù che durante la vita terrena non aveva dove posare il capo e nella sua vita sacramentale va ramingo col suo sacerdote. Dovrà ancora col suo esempio ratificare il macarismo annunziato sul monte <<Beati pauperes spiritu, quoniam>>.
Direi che è primo Lui a godere di questo premio promesso ai poveri.
Perchè tanta povertà se non per dare agio a tutti i suoi figli di sentire annullata la distanza infinita che corre tra creatore e creatura; se non per trovare uno sfogo al suo amore, all’amore di un Dio che fa sua delizia lo stare con i figliuoli degli uomini.
Quanta povertà nella materia stessa del sacramento: un pane e vino, due elementi che unici rallegrano il desco dei piccoli, mentre non si trovano a disagio sulla tavola dei grandi. Se la coppa dei calici la legge ecclesiastica la vuole d’oro, i primi sacerdoti consacrarono in calici di vetro e quanti li persegue la bufera dell’odio vivificano il vino in calici di stagno quando non sono addirittura di rame.
Eppure sorbendolo da una coppa capolavoro del cesello o del bulino, o accostando le labbra a un vaso dal metallo acido come la persecuzione Gesù è di conforto sempre al suo sacerdote e stacca l’uno e l’altro dai falsi miraggi della terra.
E dal Tabernacolo, mistica Betlemme, imparte gli stessi esempi già dati dalla mangiatoia, mentre l’anima, rapita a tanto contrasto, gli grida la sua adesione, con l’entusiasmo della sacra sposa: <<trahe nos…>>.
B. Gesù Eucaristia maestro di obbedienza. Ma a nulla varrebbe rinunziare ai beni esterni, per quanto preziosi sempre aleatori, se non si rinunziasse al bene che ci costituisce nel libero arbitrio, la propria volontà. E la vita religiosa importa anche questo e Gesù Eucaristia oltre che modello di povertà è maestro di ubbidienza, di quell’ubbidienza che ha inaugurato nella casetta di Nazareth e che continua nella vita del Tabernacolo.
Se l’evangelista ha compendiato il mistero dell’ubbidienza di Nazareth in un aforisma: <<erat subditus illis…>> l’Apostolo è andato più a fondo asserendo che egli <<factus oboediens usque ad mortem…>>.
E nell’Eucaristia è una morte mistica, che all’occhio del profano sembra ridurre l’onnipotenza assoluta a una completa impotenza. Dal cuore di un Santo e dalla penna di un Vergine è uscita la più bella testimonianza a riguardo: <<Ecco diceva piangendo di tenerezza il S.Curato d’Ars ecco come tu obbedisci in questo sacramento. Io ti chiamo su quest’altare, e tu vieni immediatamente a qualunque ora del giorno. Io ti sollevo, e tu vi stai; ti abbasso fino a collocarti sulle labbra miserabili, peccatrici e tu ti lasci deporre… E a chi ubbidisci, o mio Dio? Là, a Nazareth, ubbidivi a due sante e purissime creature; ma qui ubbidisci a un povero peccatore; forse a un tuo traditore, a un G. Ab., mio Dio, come è grande la tua obbedienza!>>.
E alla scuola di Gesù Eucaristia la religiosa impara a riconoscere le bellezze e la santità d’una vita che tutta si divinizza, perchè ha solo Dio per principio e per termine supremo dei suoi atti.
<<Propter quod…>> continua l’Apostolo.
Quali mirabili analogie sa scorgere l’amore tra il Sacramento dell’altare e il voto d’ubbidienza. Nel sacramento dell’altare sono visibili soltanto le sacre specie e nascosta la persona ad. di Gesù; nell’ubbidienza è visibile soltanto la persona umana e nascosta la div. Ant. che essa rappresenta.
Nell’ ostia son presenti le labb. benedette di Gesù, ma è insensibile la sua parola; nell’obbedienza è sensibile la parola, ma celata la virtù divina da cui procede. Ma nell’uno e nell’altro mistero è pur sempre il Suo stesso cuore, è sempre l’Amore di Gesù, la ragione di tutto.
Cinque parole rendono presente Gesù sotto le specie sacramentali: <<hoc… hic…>> cinque parole lo nascondono sotto la scoria dell’altrui umanità: <<qui vos audit, me audit…>>; le une e le altre son sempre uscite dallo stesso cuore, per cui davanti all’Ostia come davanti al Superiore l’anima vergine, piegate le ginocchia della mente o del corpo, adora il mistero della transustanziazione ripetendo la parola di Giovanni: <<Deus charitas est et nos credidimus charitati… E tanquam cadaver>> come Gesù si lascia trattare dal suo sacerdote, si abbandona alla volontà altrui.
C. Custode della Verginità. Ma la vita religiosa ha il suo acme nel voto di verginità, per cui l’anima che con esso si lega diviene sposa di Gesù, di Gesù che nel Vangelo amò presentarsi come sposo delle anime e assomigliò il Regno dei cieli ad un banchetto nuziale; che nelle svariate apparizioni attraverso i secoli seppe elevare anime privilegiate a tanta altezza da impalmarle a sè in mistiche nozze, inanellando Caterina da Siena e Teresa d’Avila; in una comunione di cuori più intima di quel che possa essere l’unione di vita nelle nozze terrene, in una mutua dedizione che impreziosendo l’anima di luminose virtù, preserva il corpo in un’integrità che altri amori non sanno concepire ed attuare.
Ed Egli, il nato da Madre Vergine, vuole e rende vergini le sue spose, e nell’orbita del suo amore attira con irresistibile forza centripeta le anime avide di un affetto forte quanto eterno, vero quanto divino, reale quanto purissimo.
E avvintele a sè, le plasma con arte maestra, dando loro se stesso a modello, e crea così i capolavori del suo amore, le meraviglie del suo genio, davanti a cui si ripete attoniti la parola che fu già del grande Montalembert pensoso degli addii di sua figlia incamminatasi per la via del chiostro: <<Chi è dunque quest’amante invisibile che attrae in tal modo la gioventù, la bellezza, l’amore?>>.
Quale sposo può ripetere alla sua diletta: <<in me manet et ego…>>.
Se immedesimarsi con la persona amata è il desiderio e lo spasimo dell’amore umano, audace ma impotente, per garantirsi una fedeltà immutata all’alba radiosa del giorno nuziale come nel tramonto grigio della senilità, Gesù attua questa brama mediante l’Eucaristia, in cui mentre la sposa ne mangia le carni immacolate in un impeto d’amore incontenibile, lui la trasforma in sè, accendendola al caldo del suo affetto come raggio di sole nella foschia d’un mondo corrotto e corruttore, trapiantandola come giglio profumato in un aura ammorbata e pestilenziale per i miasmi del peccato, donandole campioni di abnegazione ad una umanità fiacca e ribelle.
E l’anima vergine sente tutto il fascino maliardo dell’Ostia Bianca; e mentre il mondo carnale va ripetendo che la verginità è impossibile, presso il sacramento eucaristico gli eletti sentono che è una beata necessità; e innanzi a tutte le seduzioni degli amori profani, gridano sdegnate: allontanatevi da me impasto di corruzione; da altro Amante son prevenuta e porto un segno sulla mia fronte: la sacra impronta del suo bacio verginale eucaristico.
E nel suo bacio, nel suo amplesso eucaristico la sposa attinge misteri ineffabili di purezza: <<quem cum amav. imm. sum; cum tetigero munda sum; cum accepero virgo sum! >>. Perdoniamo volentieri a coloro che ridono dei nostri sponsali con Gesù Cristo e del nostro anello nuziale tinto del suo sangue. Costoro non hanno mai sentito passare nel loro cuore il soffio del divino. Se ignorano la realtà, come potranno intendere il linguaggio ?
Esortazione: Anime, spose dell’Agnello Immolato, a Lui avvinte con legami eterni come quelli che congiungono due cuori sulla terra, ma in comunione d’affetti che mentre sublima l’anima, salva l’integrità del corpo, quando la tempesta rugge nel cuore e la tentazione ne avvolge tra le sue spire nella difficoltà di mantener fede ai voti giurati, a Gesù Ostia, che ogni giorno scende nel vostro cuore, levate il grido di spasimo: <<Domine salva nos…>>.
E un raggio di sole squarcerà le nubi, e una parola calmerà gli elementi ribelli: <<Ego sum, nolite timere: ci sono io…>>.
Conclusione: Sì, lo so che nella lotta contro i sensi ci sei a lato, e Ti adoro o Gesù, a nome di tutte le anime consacrate, in quel pane che ci allena alla lotta, in quel sangue che rinvergina i cuori.
Ti ringrazio d’aver istituito questo Sacramento che tanti gigli ha fatto germogliare intorno al tuo sacro ciborio, che a tante anime ha concesso di godere sin da questa terra la gloria dell’incorruzione, che è propria dei beati.
Ti domando perdono per quante infedeli alla loro vocazione gettarono nel fango il loro fiore, ne dissiparono il profumo. Anime più infelici che cattive, che da Te vivente nell’Eucaristia, s’attendono la parola della risurrezione.
Ti prego, infine, o Gesù, perchè attorno al tuo altare, sotto il tuo sguardo si moltiplichino questi gigli a gloria del tuo Sacramento a salvezza del mondo.
<<… corona V., haec vota clemens accip…>>.