Si può trascurare a torto o a ragione qualsiasi problema, ma quello della vita va affrontato e risolto […].
Prescindendo dalla varietà dei viandanti, ognuno dei quali cammina col proprio passo, noi possiamo distinguere alcune grandi strade che l’uomo percorre.
La prima strada ampia e frequentatissima è scelta da coloro che vivono “atomisticamente” la loro vita. Atomistico vale quanto disorganizzato: eppure non siamo noi forse nel secolo delle organizzazioni ? […]. Molti vivono alla giornata, momento per momento, senza che alcun nesso congiunga i vari istanti secondo un dato ideale o un determinato scopo […].
Vi è un’altra strada battuta da coloro che vivono la loro vita organizzando la loro attività così che la molteplicità svariatissima delle loro azioni costituisca un tutto coerente […]. Si noti però: la strada di una vita organica, pur avendo un unico principio iniziale, si divide subito in tre grandi vie, che bisogna nettamente distinguere […].
Si può organizzare la vita vivendo al di fuori, vivendo al di dentro, ossia subordinando anche le cose esterne alle esigenze di una vita interiore oppure scegliendo a principio unificatore Dio, e a Lui subordinando la nostra attività esterna e la stessa vita intima. Non è difficile percepire che le prime due vie sono insufficienti.
Non basta far centro di tutto “se stessi”. Noi non siamo l’Assoluto; mai come oggi si volle fare dell’uomo un Dio; e mai come oggi l’uomo appare un idolo falso e bugiardo dal piedistallo tremante, che in mezzo alle sue autoglorificazioni mostra la sua miseria. Ecco perché S. Agostino, con un’espressione profonda ha scritto: homo, noli foras ire… in teipsum redi e trovandoti soggetto alla mutazione e alla relatività, trascende teipsum, organizza cioè la tua vita prendendo a centro Dio.
E’ ben questo il compito della religione. Non basta avere il nome scritto sui registri di parrocchia per essere davvero credenti, ma la religione deve dare il “la”, la nota fondamentale alla vita, risolvere il problema della vita. Disse bene e disse altamente chi affermò essere il cristiano composto di un triplice elemento: corpo, anima e Spirito Santo.
E non rinasce forse a Cristo ogni uomo mediante l’acqua e lo Spirito Santo nel Battesimo? Il Battesimo, il sacramento più ignorato e dimenticato, perché ricevuto nell’età incosciente.
Mediante l’acqua battesimale Cristo c’innesta a Sè, ci ridona quella grazia, quel diritto all’eredità, all’amicizia, alla figliolanza adottiva di Dio, che con tanta prodigalità Adamo aveva perduto col peccato. Come comprendevano i primi cristiani questa dottrina dell’incorporazione a Cristo… A giovani convertiti l’apostolo Paolo ne parla col suo profondo e sintetico linguaggio come di una cosa ben nota, affatto naturale. Davanti alle esigenze tiranniche della carne istigata senza tregua nè misura dalla licenza del paganesimo, egli intima senza incertezze, il Christum induistis; per preservare i convertiti dal contagio della lussuria più sfrenata, egli ricorda: consepulti sumus cum Christo, per baptismum in mortem.
Indegni forse e magari formalmente apostati, christiani ad contumeliam Christi, ma cristiani sempre quando abbiamo ricevuto il Battesimo, arricchiti una volta per sempre del divino sigillo, che nessun delirio di passione, nessuna aberrazione morale, nessun traviamento o tradimento, riescono a cancellare per l’eternità.
* Da Ritiro Pasquale del Liceo Scientifico “De Giorgi”, Lecce 12 14 aprile 1943.