"Mi sento meno in disagio, sapendo a quali mani
sacerdotali passa il mio grande amore: l'Azione Cattolica".
In questa affermazione contenuta in una lettera del 1975
indirizzata a don Franco Mannarini, nominato nuovo Assistente
Diocesano dell' A.C. c'è tutto il senso del profondo
rapporto tra don Ugo e l'Azione Cattolica, iniziato nel
1941, poco dopo la sua ordinazione sacerdotale e continuato
fino alla morte. Rapporto ricco di significato con un'Associazione
che gli aveva offerto l'occasione provvidenziale di fare
subito la ricca esperienza di una paternità spirituale
vissuta come dono e di maturare la sua fiducia nei laici
ruolo della Chiesa.
Alcune sue ricorrenti riflessioni sull' A.C. di cui abbiamo
documenti dal 1945, sono frutto tanto dei suoi studi e della
sua lettera quanto delle sue esperienze tra i giovani della
GIAC e della G.F. ed anticipano chiaramente le acquisizioni
ecclesiologiche del Vaticano II non solo sul piano concettuale,
ma soprattutto nella quotidiana testimonianza del suo servizio.
La Lumen Gentium, la Gaudium et Spes e l'Apostolicam actuositatem
confermano la convinzione di don Ugo che dalla collaborazione
con l'apostolato gerarchico della Chiesa i laici dell'A.C.
non solo come battezzati, ma per una loro specifica vocazione,
devono passare all'esercizio delle corresponsabilità
e maturare il senso delle partecipazione alla missione della
Chiesa.
Può essere facile riconoscere il ruolo dei laici,
è anche facile esortarli all'impegno, come accade
ancora oggi, ma don Ugo non sa che questo non basta e si
fa carico perciò della loro formazione dando il meglio
di sè dall'Altare, dal Confessionale, nei Ritiri
e negli Esercizi spirituali vissuti come cantieri dello
Spirito Santo, negli incontri di catechesi, nelle "scuole
di propoganda ", nello studio dei documenti conciliari
e, soprattutto, nella direzione spirituale, ricca di ascolto
empatico e di illuminato consiglio.
Questo spendersi nella formazione caratterizza il suo lungo
e fecondo servizio nella GIAC e nella G.F. come Assistente
generale della Giunta diocesana e poi dell'A.C. unitaria.
Un servizio fondato sulla convinzione che dalla vita interiore
scaturisce l'azione, dalla santificazione l'evangelizzazione,
dall'esperienza di Dio la testimonianza aperta e coraggiosa
del Vangelo. "E' un dovere che noi sacerdoti abbiamo
- dive d.Ugo 1952 ad un sacerdote appena ordinato - verso
quelle anime che nell'A.C. scoprono la loro vocazione, ma
anche verso la Chiesa che di queste migliori energie ha
bisogno per essere presente nel mondo.
Questo alimento spirituale don Ugo continua a dare anche
negli anni difficili del post-Concilio, anni in cui l'associazionismo
va in crisi e si esalta lo spontaneismo dei piccoli gruppi,
e ancora negli anni in cui si elaborava il nuovo Statuto
e si afferma una "scelta religiosa" , che don
Ugo chiaramente intende ed interpreta non come chiusura
nel tempio, non come rifugio nè come fuga dall'impegno
storico, ma come spinta verso un'animazione cristiana delle
realtà temporali.
Gli spazi della formazione sono pieni dei doni che scaturiscono
dalla sua ricchezza spirituale e dalla profondità
della sua dottrina, quelli, invece dell'organizzazione e
della progettazione lo vedono sì presente ed attento,
ma silenzioso, rispettoso della responsabilità dei
laici, nella coscienza di aver dato loro le risorse cui
attingere per un coerente ed efficace impegno associativo,
ecclesiale e temporale.
Non è disponibile infatti a sostituirsi ai dirigenti
o a prendere la parola al loro posto, soprattutto non si
adopera per condurli a far propri i suoi progetti, insomma
mette alla prova le loro capacità organizzative e
verifica la loro maturità.
La sua A.C. è una scuola di laici adulti e responsabili,
secondo il modello che egli aveva prefigurato nei primi
anni del suo ministero e che poi il Vaticano II aveva chiaramente
definito nei suoi più importanti documenti, forse
troppo presto trascurati.
E l'A.C. infatti, è tornata ad afferrare "il
nostro programma è il Concilio".
Mi piace immaginare che don Ugo, pur assorto nella contemplazione
di Dio, segua ancora il suo "grande amore" e sorrida
per questa scelta programmatica in cui lui ha creduto e
che è ancora ricca di potenzialità innovative,
di quelle immesse nel Concilio deallo Spirito Santo.
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